Nel mese di ottobre mi trovavo a Vienna e alla Kunst Haus ho avuto l'occasione di vedere una retrospettiva dedicata a Tina Modotti. La mostra ha avuto un grande successo di pubblico e non c'è nulla di che stupirsi dal momento che la Modotti è sicuramente considerata una delle più grandi fotografe del secolo scorso; il catalogo è andato a ruba e la sottoscritta, arrivata troppo tardi, non ha potuto acquistarlo e nemmeno visionarlo. Tina Modotti è però stata valutata nella sua grandezza relativamente tardi se si considera che la prima importante esposizione a lei dedicata è avvenuta a Udine, sua città natale, solo trent'anni dopo la sua morte: mi riferisco alla mostra del marzo 1973 in occasione della quale venne pubblicato un volume, "Tina Modotti, garibaldina e artista", curato da Riccardo Toffoletti in collaborazione con Vittorio Vidali che fu suo compagno di vita negli anni delle lotte politiche dal 1930 al 1942; il libro in questione venne editato in tiratura limitata ed è ora molto ricercato dai collezionisti.

Tina Modotti @ Kunst Haus Wien, 2010Per alcuni la sua opera fotografica fu completamente ignorata dalla critica per ragioni di carattere culturale e politico in quanto il suo essere donna e messicana (perché tale veniva considerata) rappresentavano valide ragioni per escluderla dalla storia dell'arte che privilegia la produzione maschile e occidentale.

La più completa personale a lei dedicata è stata sicuramente quella del 1979 che conteneva un centinaio di vintage print e che è rimasta insuperata per completezza, anche perché la crescita del mito di Tina ha fatto sì che molte sue foto siano state acquistate nel corso degli anni da privati e da musei importanti e si siano quindi in un certo senso disperse (le quotazioni hanno sfiorato cifre record, come quella dell'asta di Sotheby's a New York nel 1991 in cui una stampa al platino delle "Rose" è stata battuta per la cifra di 165.000 dollari).

Nel suo approccio alla fotografia la Modotti venne guidata per mano dal fotografo-ritrattista californiano Edward Weston che divenne suo compagno per qualche tempo e che rimase suo amico per tutta la vita (è grazie a Weston se ora possiamo avere una conoscenza approfondita del suo pensiero, poiché la loro corrispondenza è stata da lui attentamente e amorevolmente conservata ed è ora pubblicata nel volume "Tina Modotti, vita arte e rivoluzione" a cura di Valentina Agostinisi, edizioni Abscondita). Weston è stato sicuramente importante nel percorso di questa grande fotografa, ma alla fine fu poi lei stessa ad influenzarlo in alcuni scatti, basti pensare ai reportage che i due eseguirono in Messico nel periodo della rivoluzione.

Il Messico segnò profondamente il suo percorso esistenziale, ne influenzò le scelte politiche e culturali ed anche le foto e molte delle sue immagini migliori risalgono proprio agli anni messicani: la fotografia dei bambini della colonia della Bolsa rimane una delle più toccanti, l'espressione del volto del bambino più grande, impaurito, quasi smarrito, ma al contempo protettivo nei confronti della bimba (presumibilmente la sorellina), lascia intravedere la consapevolezza della loro condizione e si intuisce che il bimbo sente su di sé il peso e la responsabilità di proteggere la bambina, lasciando a chi guarda la triste sensazione di un'infanzia precocemente rubata, portata via dalla quotidianità di una vita che a volte costringe i fanciulli a diventare adulti prima del tempo. La serie dei bambini trasmette la sensazione, fortissima, della deturpazione della condizione infantile e rimane uno dei migliori lavori di denuncia sociale eseguiti dalla Modotti. A questa  si accompagnano anche le foto delle donne messicane in cui compaiono tutti i contrasti del regime (da cui il titolo del reportage completo).

Wien, Kunst HausLa grandezza di un fotografo consiste soprattutto, a mio modo di pensare,  nella capacità di riassumere in un solo scatto la complessità di un sentimento o di una realtà o di un'ideologia: e in questo la Modotti fu sempre magistrale, sia dal punto di vista tecnico che nella scelta del taglio, penso ad esempio agli still life della pannocchia, chitarra e cartuccera in cui lo stile è essenziale, basato sulla composizione maniacalmente calibrata di oggetti simbolo della rivoluzione; o, ancora, alla foto "Falce, cartuccera e martello", del 1927, in cui posizionò la luce in alto a sinistra e rasente la fotografia così che le ombre create aumentano di spessore gli oggetti.

Non sono solo fotografie ma arte, opere d'arte che trasmettono emozioni. Una mia opinione personale con cui credo che la Modotti non concorderebbe, poiché in un suo saggio sulla fotografia afferma: "sempre, quando le parole 'arte' e 'artistico' vengono applicate al mio lavoro fotografico, io mi sento in disaccordo. Questo è dovuto sicuramente al cattivo uso e abuso che viene fatto di questi termini. Mi considero una fotografa, niente di più". La fotografia per lei era "il mezzo più eloquente e più diretto per fissare, registrare l'epoca presente" e "sapere se la fotografia sia o non sia arte importa poco".

Tina Modotti @ Kunst Haus Wien, 2010Questo è il suo pensiero, ciò che sentiva ogni volta che eseguiva uno scatto e, ovviamente, è un'opinione rispettabile e condivisibile; ma osservando le sue foto non riesco a non pensare che siano arte, non solo fotografie. Il tema dell'arte ha sempre avuto un grande peso nelle sue riflessioni, e in una lettera a Weston scrive: "io non posso - come tu una volta mi hai proposto - risolvere il problema della vita col perdermi nel problema dell'arte. Non solo non posso ma sento che il problema della vita ostacola il mio problema dell'arte". Quello che secondo me lei fece fu però di vivere la vita come un'opera d'arte, ma, come spesso succede agli artisti, lo fece  con inconsapevole  spontaneità.

Personalmente l'ho conosciuta (ovviamente non di persona, in quanto è morta nel 1942), attraverso la lettura di una sua biografia: "Tina Modotti, fotografa irregolare, di Elisa Palmieri, Selene Edizioni). E irregolare la Modotti lo fu davvero, ma nel senso più positivo del termine. Non si dedicò subito alla fotografia, fece diversi mestieri, fra cui anche l'attrice sia di teatro che di cinema muto e, cosa che mi ha colpita enormemente, fotografò per soli sette anni: in una manciata di tempo riuscì ad esprimere una grandezza di immagini, una potenza estetica ed espressiva che molti non riescono a realizzare nel corso di una vita intera.

E questa capacità appartiene solo ai grandi artisti. Mi scusi, signora Modotti, ma io la penso così.

Cerca su Osservatorio Digitale