Archiviato l’Expo, superata inevitabilmente la sindrome dello «sta per finire e non ci sono ancora andato», rimangono tutte le considerazioni che la manifestazione ci ha portato. Si tratta di scoperte, conferme, condivisioni di soluzioni, informazioni, verifiche su quanto viene fatto negli altri Paesi, ma anche scoperta e conoscenza di Paesi spesso del tutto ignorati o di cui c'erano informazioni superficiali o addirittura sbagliate. È stato possibile scoprire quanto la tecnologia sia ormai avanzata, sia per divertire che per coinvolgere e informare, ma anche per offrire delle possibilità di migliorare la vivibilità. Ad esempio, il materiale con cui è realizzato il Palazzo Italia è in grado di assorbire l'inquinamento esterno: a contatto con la luce del sole, infatti, il principio presente nel materiale consente di «catturare» alcuni inquinanti presenti nell’aria trasformandoli in sali inerti e contribuendo così a liberare l’atmosfera dallo smog.

Nei precedenti reportage abbiamo suggerito delle occasioni fotografiche, dieci differenti modalità di scoprirlo, abbiamo puntato sulla allegria parlando di tutti i colori dell'Expo. E, quando ormai la chiusura era imminente, vi abbiamo ricordato che cosa stavate per perdervi. Ogni volta la visione con taglio più fotografico era accompagnata da una riflessione più generale. Questa volta vogliamo fare il contrario perché l’Expo, con le tante occasioni fotografiche che ha offerto, ha anche suscitato delle riflessioni sulla fotografia stessa. Qui ne proponiamo 10: sono personali e sicuramente non necessariamente condivisibili.

1 - Vero o falso? Lo vedo in fotografia, dunque è vero. La credenza è universalmente diffusa ed è dunque responsabile di ogni possibile manipolazione perché è possibile costruire una scena e, avendola fotografata, avvalorarla come vera. Oppure è possibile fotografare qualcosa di falso lasciandolo credere vero: è quanto avviene spesso nella fotografia di piatti gastronomici, per prendere un esempio più vicino al tema dell'Expo. Spesso questi piatti sono realizzati con materiali plastici per consentire più scatti in tempi differenti o con forti luci che altrimenti potrebbero alterare il prodotto fotografato. La foto qui pubblicata ha come soggetto dei frutti esposti nel padiglione del Marocco. Naturalmente finti, perfettamente realizzati per reggere i sei mesi della durata dell'Expo.

2 - Una foto dice più di mille parole. Quante volte si è sentita questa affermazione: chi è d'accordo? Noi ci siamo limitati a fotografare questo pannello nel padiglione dell'Austria dove era stato chiesto ai visitatori di esprimere il proprio parere sulla importanza dell'aria.

3 - La fotografia come documento storico. Di quanti avvenimenti del passato non avremmo alcuna informazione se non avessimo alcuna foto? In questo caso abbiamo puntato l'attenzione sulla Esposizione Universale svoltasi a Milano nel 1906, di cui all'Expo erano esposte alcune immagini.

L’Expo milanese del 1906 era una occasione per festeggiare la realizzazione del traforo ferroviario del Sempione ed è stata la prima esposizione universale organizzata in Italia nonché la prima a celebrare un'opera del lavoro e non una ricorrenza politica nazionale. Occupava due aree, il parco Sempione e la Piazza d’armi nella periferia occidentale, con una estensione di 1 milione di metri quadrati, poco inferiore alla esposizione di Parigi del 1900. Ospitava 200 padiglioni e dal 28 aprile al 30 ottobre registrò oltre 7.600.000 ingressi. La mostra intitolata “Città effimera arte tecnologia esotismo e l'esposizione internazionale di Milano del 1906” raccoglie una selezione di foto tratte dagli archivi di Leone Soldati e Vincenzo Conti. È stato così possibile vedere, tra l’altro, la ricostruzione di un quartiere del Cairo alla Piazza d’armi, quella di un villaggio eritreo, le facciate del padiglione della Bulgaria, del Belgio, della Russia al parco.

4 - Uno sguardo diverso. Si potranno contare in un numero a molti zeri le foto che sono state scattate all'Expo con soggetto l'Albero della vita che si staglia contro il cielo in versione diurna o notturna. Altrettante saranno le foto dedicate a Palazzo Italia. A volte, dunque, vale la pena di fotografare quel soggetto così fotogenico da un punto di vista differente. È quello che abbiamo cercato di fare riprendendo un particolare di Palazzo Italia attraverso una finestra dello stesso edificio.

5 - Emozioni da condividere. L'empatia con gli altri, il disagio di fronte a certe situazioni, ma anche il gusto del bello o l'orrore sono solo alcune delle emozioni che si possono fissare con una fotografia e desiderare di condividerle. Con la foto qui pubblicata, scattata nel cluster delle terre aride, c'è il desiderio di condividere il piacere di una bella situazione che unisce il bianco delle canne al verde della natura, sovrastanti le splendide foto “In volo sui deserti” di George Steinmetz, completate da didascalie molto esaurienti, in grado di far scoprire angoli del mondo poco conosciuti.

6 - Occasione di giochi grafici. Ovvero come trasfigurare un soggetto. A volte basta puntare su un particolare, avvicinarsi al soggetto, trasfigurarlo per ottenere un'immagine che apparentemente poco ha a che vedere con il soggetto originale. Diventa invece un gioco grafico, che può essere assolutamente piacevole. Qui si può vedere il padiglione del Cile, ripreso non nel suo insieme ma puntando su un particolare che ha permesso un gioco grafico, tale da trasfigurare il soggetto originale.

7 - Il ruolo della tecnica. A volte è tutta questione di tecnica. Naturalmente di come la si utilizza avendone padronanza. Può essere una questione di proporzioni. Una piccola installazione realizzata con l'erba caratterizzava il lato del padiglione della Slovacchia. Ma era davvero piccola? È stato sufficiente che un ragazzo si mettesse a ballare sotto l'istallazione per ridare le giuste proporzioni alla foto. In altri casi – e qui ne vogliamo solo indicare alcune – può essere l'esposizione a fare la differenza: con il medesimo soggetto può essere sufficiente esporre per un particolare della scena piuttosto che per un altro per cambiarne totalmente il significato e l’impatto sull’osservatore. E, ancora una volta, è chi scatta la foto che influenza l’osservazione.

8 - Il colpo d'occhio. Molte foto sono il risultato di un attimo, di un occhio attento e curioso, in grado di cogliere qualche particolare che dura solo un breve momento. Oppure colgono delle contraddizioni che attraverso la fotografia appaiono evidenti. O ancora dei momenti o degli avvenimenti, bloccati con uno scatto fotografico, riescono a diventare simboli di fatti rilevanti. Il mondo della fotografia ne è pieno. A fare la differenza dovrebbe essere sempre la considerazione che quella foto che si sta per scattare ha un valore di informazione, non è il risultato di un desiderio di fare sensazione e facendo quello scatto non si mette in pericolo la vita e la reputazione di nessuno.

Altre foto sono meno simboliche, ma risultato di un colpo d'occhio. Quella qui pubblicata non è naturalmente una foto simbolica: è solo il risultato della curiosità di chi si è divertito a girare l'Expo in tutti i suoi angoli, cogliendone anche delle immagini inaspettate.

9 - E il video? L'Expo, più che mai, ha dimostrato quanto il video possa essere un linguaggio internazionale. Tutti i Paesi hanno presentato dei video nei loro padiglioni per far conoscere il territorio, le coltivazioni, le soluzioni prospettate. Oltre alle informazioni i video hanno dimostrato di essere in grado di comunicare emozioni, divertire, indifferentemente dalla lingua parlata dagli spettatori. In qualche caso si è trattato di video realizzati utilizzando tecnologie elevate come il 5D, il 4D, il 3D. Ma in tutti i casi i video sono riusciti a divertire, informare e conquistare il pubblico.

10 - Mostre da amare. La fotografia ha sicuramente un forte appeal, così molte mostre, in particolare al di fuori dell’Expo, sono riuscite negli ultimi tempi ad attrarre un folto pubblico, che in alcuni casi si è messo in coda per vedere il lavoro di fotografi. È un fatto di moda? È il desiderio di scoprire il lavoro di altri? È la voglia di confrontarsi con fotografi dalla forte esperienza? Conta il fotografo o il soggetto? Sono tanti interrogativi con i quali vogliamo chiudere queste riflessioni sulla fotografia esemplificate attraverso le immagini realizzate all'Expo.

+ 1: E ora? Restano le foto dell'Albero della vita, scattate fino al 31 ottobre, ma non solo. Tantissime foto: Giuseppe Sala parla di 1 milione 800 mila foto già postate su Facebook e racconta, piuttosto divertito, che i tweet dell'Albero della vita hanno superato in numero quello di un albero particolarmente popolare. Intende l'albero di Natale.

Dunque, insieme a Padiglione Zero e Cascina Triulza l'Albero della vita rimarrà con Palazzo Italia, completo della esposizione interna con cui forma un tutt'uno, come ricorda Diana Bracco parlando delle radici che si tuffano e risorgono dando al mondo tutta la nostra potenza del saper fare, della cultura, della bellezza. L'Albero è simbolo della centralità dell'uomo, con le radici che riproducono piazza del Campidoglio che, sollevata, diventa chioma con al centro Marc’Aurelio. Roberto Moncalvo di Coldiretti sottolinea l’attinenza tra l'Albero e la vita: nelle radici possiamo vedere le nostre tradizioni, nel tronco la forza della crescita, nei rami il futuro di una agricoltura che ha tanto da raccontare.

È stato un successo di impronta prettamente italiana realizzato da Orgoglio Brescia, formato da 18 aziende bresciane più l'Associazione industriale bresciana, che ha creduto in questo simbolo del nostro saper fare e lo ha realizzato in quattro mesi utilizzando, tra l'altro, 150 tonnellate d'acciaio al carbonio e 240 metri quadri di larice siberiano per ottenere un albero alto 35 metri con una chioma di 42. Questi sono gli aspetti tecnici, la creazione è tutta di Marco Balich, che ora racconta quanto l’Albero della vita sia piaciuto all'estero al punto da venire richiesto in Cina, da un Paese del Golfo e da quello che si può identificare nel Kazakistan, che sta preparando ad Astana l'Expo internazionale del 2017 e cerca una icona. Non saranno cloni, ma icone studiate su misura perché, commenta Marco Balich, il Paese è nella steppa e ha bisogno di altre icone differenti da un albero.

Questo è il successo: e il futuro? Giuseppe Sala anticipa che dopo il «congelamento» imposto dallo smantellamento dai primi di novembre, che richiede di mettere in sicurezza il cantiere, a maggio l'Albero della vita, Palazzo Italia, Padiglione Zero, Cascina Triulza riprenderanno vita. In quale contesto è quanto verrà deciso in questo lasso di tempo. Altre foto sono dunque destinate a essere postate dalla primavera prossima a testimonianza, come ricorda Marco Tronchetti Provera, del «recupero di energie dopo vent'anni di sofferenze, quando solo il negativo faceva notizia. Per la prima volta sento una positività: l'Albero della vita ne è il simbolo e l'Expo ha dato positività alla gente». Ed è anche il simbolo di un rinnovato orgoglio di sentirsi italiani in grado di vincere le sfide.

(Tutte le foto del servizio sono di Valeria Prina)

Data di pubblicazione: novembre 2015
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